I suoni dei miei viaggi in Sardegna: l’ ascolto è uno strumento critico di avvicinamento e comprensione di una realtà, indispensabile per capirne l’indole e l’anima…
La nuova sollecitazione sensoriale del Senso dei miei Viaggi mi ha portato a riflettere su un vecchio desiderio. In un bel film di Wenders accompagnavamo un simpatico creatore di suoni per il cinema nella sua ricerca attraverso la bella Lisbona.
Ecco, il mio desiderio è sempre stato quello di stimolare e poi godere di una completa calligrafia dei suoni della nostra terra, simboli favolosi ed evocativi, ipnotici, frammenti emozionali dal territorio, la nostra voce e il nostro silenzio.
Sensi spesso trascurati eppure importanti, sensi che in un solo secondo trasmettono la storia e il presente in modo magico e immersivo.
Come le campane a riposo delle nostre maschere, eco di un rito ancestrale ….
A volte mi viene in mente l’Australia che ho conosciuto e amato, le vie dei canti, magiche e profonde giunture tra l’anima di un popolo e quello della terra.
O il parallelismo particolare che provavo mentre camminando o correndo per i boschi australiani o le spiagge bellissime e immense ascoltavo il nostro canto a tenore e pensavo che quella luce meravigliosa, quei raggi così potenti e inclinati, quello spazio enorme fossero in qualche modo legati alla potenza della luce e a i suoni della mia terra, che forse un tempo aveva le sue vie dei canti, i suoi osservatori e le sue giunture con l’anima del popolo…
Il silenzio di boschi come Ortachis presso Bolotana tra tassi millenari e agrifogli … la solennità semplice che rasserena.
Avverto a volte l’esigenza di uscire da un certo overload di informazioni e motivi di discussione che miscelano il quotidiano in suoni e parole che non ci restituiscono la complessità e la bellezza di un’idea, di una terra , di una sinestesia, di un progetto. Che non ci ricordano la dolcezza che solo la voglia di aprire l’anima e le orecchie per ascoltare ci possono regalare ….
Sarebbe bello raccogliere questa voce, ogni canto, ogni verso o melodia, ogni silenzio, ogni sibilo, trapestio, ogni suono evocativo che come una dolce eco fanno capolino nella nostra memoria. I tanti suoni che ci raggiungono donandoci prima un’emozione veloce e istantanea, e che spesso ritornano come una trama, una radice, perché metabolizzati e interiorizzati, perché diventati un sentimento maturo.
La voce del nostro mare, spesso vero e proprio diapason dell’umore giornaliero ….
I suoni dei miei viaggi in Sardegna si alternano con silenzi profondi in paesaggi che ti riempiono di luce, come se la luce stessa si fosse fatta canto delicato e accennato, esaltando l’attesa di un miracolo che si gode lentamente…
Sono la voce calda della nonna che ti parla in dialetto, quel ricordo che arriva dall’infanzia, la parola calda “Izzu”, il battere delle mani sul tavolo in legno per creare i dolci della nostra tradizione, il fuoco nel camino che brucia lento, i passi per la campagne e le sugherete, canti di grilli e gorgheggiare dell’acqua, tanta acqua, la melodia delle onde, come un maestro che ti accorda il respiro…
E sono i suoni della nostra musica, le launeddas che eranno canne, le canne che vibrano al vento e che erano terra attraversata, le voci gutturali dei tenores, dei poetas a gara, l’organetto del nonno che detta i tempi al nostro ballo rotondo.
Sono vie dei canti imperscrutabili, paesaggi un tempo industriali come le miniere ora inghiottite da un silenzio pacificatore, paesaggi attraversati dal vento …
Sono il nostro ballo tradizionale accompagnato dal canto a tenore dove i passi sul tavolato sono la danza che diventa suono sublimando l’attesa del movimento in poesia….
L’ ascolto è uno strumento di innamoramento e di comprensione totale, uno slancio che da emozione diventa sentimento e radice…
“Le miniere, ormai silenziose, sono immerse in un paesaggio sonoro vivo e incontaminato, una ricchezza rara e inestimabile. Meraviglioso stare in silenzio, completamente assorti ad ascoltare.” da a Tratti in miniera …
caro Giovanni,
ti invito a passare da me a leggere il post che ho scritto oggi con i “miei” suoni e poi capirai che regalone mi hai fatto con il primo video che hai postato 😉
So in che condizioni hai scritto questo post e quindi i complimenti questa volta arrivano doppi, perchè è bello, poetico e profondo come sempre …
Monica
Grazie Monica, è stato un piacere scriverlo in viaggio e rispondere alle belle sollecitazioni che ci regali 🙂 A presto per un’ltra avventura sensoriale 🙂
Molto poetico e molto vero, i suoni della Sardegna fanno parte del nostro imprinting culturale e soprattutto emozionale (a 360°, infatti alcuni li detesto, come il suono degli aerei Nato che atterravano nella vicina base aereo a due passi da dove son cresciuto). Sono dentro di noi e ce li porteremo sempre dietro, ovunque ci troveremo 🙂
Grazie Daniele 🙂 Sono tante le associazioni suggestive che legano i territori. In un parco di Melbourne ho fatto sentire a un aborigeno, un musicista, i tenores sardi e questo mi ha ringraziato ammettendo un legame misterioso. Ricordo poi che quando il grande musicista Rene Aubry venne nel nuorese e gli fu concesso il regalo di entrare dentro il cerchio durante il canto, rimase entusiasta e disse che aveva avvertito delle note a lui sconosciute che lo collegavano a una miriade di suoni sparsi nel mondo. Sulla calligrafia dei suoni e sulla memorabilità legata ai suoni c’è tanto da lavorare. Non si vive di sole immagini ….