Nel cuore del mediterraneo vi è un’isola sulla quale sono passati e son rimasti a lungo diversi popoli.
Ognuno di essi è venuto qui e ha lasciato il suo contributo plasmando il territorio e trasformandolo in una terra unica e affascinante: nulla è come la Sardegna.
Se la cultura, le tradizioni, le persone della Sardegna, e tutto ciò che le circonda, sono quello che sono dipende dall’intrecciarsi di lingue, prodotti e usanze di antiche genti che sull’isola hanno conservato con cura i propri tesori.
Così è avvenuto per l’oro rosso, come lo chiamano da alcune parti, detto Crocus Sativus, meglio conosciuto con il nome di Zafferano.
Il primo termine deriva dal latino e dal mito del Dio Mercurio.
Secondo la leggenda, Mercurio mentre giocava al lancio del disco colpì a morte Crocos: triste e affranto decise di colorare con il suo sangue il fiore che ancora oggi ne porta il nome, per ricordarlo in eterno.
Il termine Zafferano, invece, deriva dall’arabo: la parola Zaafaran proviene da Asafar, cioè giallo, come il colore che si ottiene nell’uso tinto e culinario della spezia.
Le immagini provengono da qui.
In Sardegna la pianta venne importata dall’Asia Minore dai Fenici, ma fu solo in seguito, con i romani che vennero sviluppati meglio la sua produzione e il commercio.
Ora la spezia prodotta in Sardegna risulta fondamentale per quantità e qualità in tutta l’isola e in tutta la nazione.
La zona in cui viene coltivato lo Zafferano, passando con gli anni da produzione familiare a industriale, è il Medio Campidano in particolare l’area di Turri, Villanovafranca e San Gavino Monreale, dove in primavera si possono ammirare immense distese viola, viola come i suoi bellissimi e delicatissimi fiori.
Dal viola si passa al rosso e poi al giallo. Ma cosa rende questa spezia così speciale?
Dietro quella “polvere” dal forte aroma, dal gustoso sapore e dai colori vivaci c’è un lavoro lungo, duro e impegnativo:
la coltivazione deve avvenire tra il primo giugno e il dieci ottobre, i fiori devono essere rigorosamente raccolti a mano il mattino, quando le corolle sono ancora chiuse, si procede con la separazione delle corolle dagli stimmi che gli conferiscono il noto colore rosso.
Infine, questi ultimi vengono successivamente trattati con l’olio d’oliva sardo e fatti essiccare per essere confezionati.
Da un ettaro di terreno coltivato a Zafferano si ricavano 15 kili di prodotto essiccato e 75 kili di prodotto fresco. Per ulteriori info.
Mentre, per un chilo di spezia occorrono circa centoventimila fiori (fonte). In autunno a San Gavino viene organizzata una sagra in onore dell’oro rosso.
Numerosi sono i piatti che si possono preparare con questa squisita spezia: dal classico risotto giallo o ‘alla milanese’, all’agnello, alla fregola, all’aragosta e sì anche i dolci. Ecco un piccolo suggerimento.
Lo Zafferano sardo è DOP in quanto, nel rispetto del Disciplinare Tecnico di Produzione dell’Unione Europea, è classificato nella categoria “zafferano in stimmi o fili” e presenta le seguenti caratteristiche organolettiche:colore rosso brillante (dato dal contenuto di crocina), aroma molto intenso (derivante dal contenuto di safranale) e gusto deciso (scaturente dal contenuto di picrocrocina). Altre info in merito.
Certamente a qualcuno di voi sarà venuta voglia di preparare un itinerario nella nostra terra, prenotando uno dei tanti Hotel della Sardegna e magari regalandosi qualche prelibatezza allo zafferano in qualche bella località.
Visitare, respirare, osservare, toccare, assaggiare la Sardegna è bellissimo.
A noi di Portale Sardegna, parlando di Zafferano, ci è venuta l’acquolina in bocca, quasi quasi oggi a pranzo… se avete ricette da proporci siamo tutto orecchie e… pancia!
di Giulia Madau
Mia nonna è di Villanovafranca, usa spesso lo zafferano per i suoi piatti, è buonissimo e lascia un sapore irresistibile
Ciao Chiara, chissà che bontà i piatti di tua nonna. Se ti va condividi con noi qualche ricetta o qualche altro ricordo della nostra sardegna e dei suoi piatti più famosi. A presto 🙂